Internet Addiction disorder ed il legame tra la rete e l’identità personale

La dipendenza da internet è una forma di dipendenza emergente negli ultimi anni nei paesi industrializzati che si sta aprendo la strada con una velocità crescente in seguito al massiccio incremento nell’uso delle nuove tecnologie nell’agire quotidiano dell’essere umano.

Proprio perché è un fenomeno nuovo, non vi è ancora una letteratura molto ricca sul tema.

Per il momento la dipendenza da internet viene confrontata rispetto alle conosciute forme di dipendenza (in  particolar modo a quella relativa all’uso di sostanze) in quanto simili sono i sintomi che portano alla sua diagnosi.

 

Questi sintomi possono essere riassunti in:
  1. Bisogno di trascorrere un tempo sempre maggiore in rete per ottenere soddisfazione
  2. Marcata riduzione di interesse per altre attività che non siano internet
  3. Sviluppo, dopo la sospensione o diminuzione dell'uso della rete, di agitazione psicomotoria, ansia, depressione, pensieri ossessivi su cosa accade on-line
  4. Necessità di accedere alla rete sempre più frequentemente o per periodi più prolungati rispetto all'intenzione iniziale
  5. Impossibilità di interrompere o tenere sotto controllo l'uso di Internet
  6. Dispendio di grande quantità di tempo in attività correlate alla rete
  7. Continuare a utilizzare Internet nonostante la consapevolezza di problemi fisici, sociali, lavorativi o psicologici recati dalla rete
Come nel caso della dipendenza da sostanze, si può notare la condizione di “tolleranza”, descritta nel punto 1, a causa della quale si ha una sorta di “assuefazione” all’uso di internet, ed il soggetto trascorre un tempo progressivamente sempre maggiore per poter ottenere soddisfazione,  sia la condizione di “astinenza”, descritta nel punto 3, che vede una serie di conseguenze a danno del fisico e della psiche in seguito alla sospensione dell’uso della rete da parte del soggetto.


L’abuso di internet viene classificato dalla Young (psicologa, direttrice del Center for On-Line Addiction ed editorial board di CyberPsychology and Behavior) come una dipendenza di tipo comportamentale, come nel caso della dipendenza da gioco d’azzardo o la bulimia, in quanto la dipendenza non si sviluppa nei confronti di una sostanza bensì nei confronti di un comportamento. Ma persistono comunque delle differenze tra questa forma di dipendenza e le altre forme di dipendenza comportamentale indicate, per almeno due motivi:
  • Comportamenti come il gioco d’azzardo o la bulimia sono identificati dalla società come comportamenti devianti, il passare del tempo in internet non suscita particolari preoccupazioni nell’immaginario collettivo;
  • Ad oggi praticamente tutti hanno un computer in casa o utilizzano internet quotidianamente, in ambiente domestico, o lavorativo: l’utilizzo di internet è una pratica che si sta diffondendo ad una velocità elevatissima e coprendo la maggior parte della popolazione.
La IAD si delinea quindi come una nuova dipendenza che al momento manca di una rappresentazione sociale ben delineata e che può potenzialmente colpire una buona fetta della popolazione. Le teorie comportamentiste spiegano la dipendenza in termini di rinforzi positivi: l’utilizzo prolungato della sostanza/comportamento è facilitato dalla gratificazione che ne deriva. Tali teorie si sono dimostrate un punto di vista limitato per spiegare le forme di dipendenza tradizionali, e nel caso della dipendenza da internet, si mostrano ancor più scarsamente esplicative. È necessario quindi cercare di capire quali sono le peculiarità della navigazione in rete, cosa comportano per il soggetto, per riuscire a comprendere se ed in che modo può svilupparsi la dipendenza.
Un punto di vista diverso rispetto a quello della Young viene offerto da Caretti (2001), che colloca la IAD nella categoria diagnostica “Trance dissociativa da videoterminale”. Secondo questo punto di vista, la dipendenza patologica da internet sarebbe la prima fase di un disturbo più grave caratterizzato dall’alternanza dello stato di coscienza, la depersonalizzazione e la perdita del senso abituale dell’identità personale.

Uno studio condotto da Marzalin, D. e Moore, S. dell’università di Swinburne su 161 soggetti di età compresa fra i 18 e i 25 anni ha rilevato che per i soggetti di sesso maschile, alti livelli di ansia sociale e bassi livelli di sviluppo dell’identità personale sono associati ad un maggior uso di internet,  e tale uso si concentra sulle chat-room e i MUD (giochi di ruolo virtuali). 

Senza bisogno di adottare un punto di vista psicodinamico per ricercare le connessioni tra il ruolo di mediazione del mezzo tecnologico e la costruzione dell’identità personale, è possibile individuare quelli che costituiscono fattori di cambiamento dell’identità personale facilitati dall’utilizzo di internet. In letteratura vengono considerate tre dimensioni di base nel ruolo di internet nella costruzione dell’identità personale:
  1. L’anonimato rispetto alla possibilità di essere identificati;
  2. La comunicazione sincrona ed asincrona;
  3. Le informazioni prettamente visive e testuali sull’identità.
Per quanto riguarda l’anonimato, questa condizione ha come conseguenza la caduta di quei vincoli dati dal contesto sociale reale, che dà al soggetto un’illusione di assoluta libertà: di fare, di dire, di essere qualsiasi cosa, senza ripercussioni nel sociale, con l’illusione che lo schermo possa proteggere dall’essere identificati come persone reali e che una volta spento il terminale il proprio “io virtuale” non abbia lasciato traccia.

L’utilizzo della comunicazione sia sincrona che asincrona porta alla possibilità di esercitare un controllo sullo scambio comunicativo: da una parte, la comunicazione asincrona permette di “scegliere” il come, il quando ed il cosa rispondere, facendo diventare lo scambio comunicativo uno scambio totalmente cosciente e controllato dagli interlocutori.
Dall’altra, l’assenza dell’aspetto non verbale, che nelle comunicazioni reali vis a vis costituisce la percentuale più grossa di informazioni disponibili sui soggetti, sul contesto e sulla stessa comunicazione viene a mancare, e viene sostituito dalll’utilizzo di emoticons, che oltre a corrispondere ad un range limitato e stereotipato di emozioni, sono sotto il controllo volontario del soggetto.

Infine, le informazioni sull’identità virtuale disponibili sono ridotte a dati di tipo testuale o visivo, in quanto il soggetto in internet viene rappresentato tramite un “avatar”: un semplice nickname nel caso delle chat, o un personaggio nel caso dei MUD. L’aspetto fisico viene immaginato tramite una descrizione a parole che può essere reale o fittizia, o tramite la costruzione di un personaggio. L’avatar può venire reinventato a piacimento, può venire affiancato da altri avatar, in un processo di frantumazione e sostituzione dell’identità personale che viene rimpiazzata da una o più identità virtuali costruite in base ai bisogni, ai desideri e alle aspettative del soggetto.

Il world wide web si offre così non solo come un immenso serbatoio di stimoli eccitanti, una sorta di “Las Vegas” virtuale piena di luci e divertimento, ma anche come un contenitore dai confini labili ed indefiniti che permette ai soggetti di cambiare le normali regole nelle interazioni umane, di sperimentare non solo nuove emozioni, ma nuovi se stessi, che più si confanno ai propri intenti.
Non deve sorprendere quindi che la IAD si manifesti più frequentemente in concomitanza all’utilizzo di strumenti di interazione umana come la posta elettronica, le chat-rooms, la partecipazione in comunità virtuali quali forum, newsgroup o i MUD, rispetto al semplice accesso alla rete per ottenere informazioni.

Concludendo, gli studi recenti sulla IAD, spesso concentrati sui sintomi e sull’individuazione delle possibili strategie terapeutiche per fronteggiare questo nuovo fenomeno, dovrebbero forse dedicare maggiore attenzione alle dinamiche che portano un soggetto a preferire gradualmente un mondo virtuale, in cui i cinque sensi vengono drasticamente ridotti all’unico senso visivo e sostituiti con esperienze sensoriali “immaginate”, perché totalmente prodotte dalla fantasia, al mondo reale.

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