Il disturbo depressivo

La depressione può consistere di un episodio grave (disturbo depressivo maggiore) o può accompagnare la vita dell’individuo in maniera più sottile per la maggior parte del tempo e durare degli anni (disturbo distimico).
La frequenza degli episodi depressivi nelle donne è doppia rispetto agli uomini (ma nei giovani non c’è differenza rispetto al sesso). Sia la depressione maggiore sia la distimia tendono a presentare una familiarità. La depressione non sembra correlarsi all’etnia, all’istruzione, al reddito o allo stato civile.
La depressione può iniziare a qualsiasi età. Un episodio depressivo non trattato in genere dura sei mesi od oltre. Dopo il primo episodio depressivo, molte persone tornano alla normalità e non ci ricadono più. Ciononostante, una proporzione significativa di coloro che hanno avuto un episodio depressivo non ritorna alla normalità. La loro depressione diviene invece cronica, portandoli alla distimia o a episodi depressivi ricorrenti (o anche a entrambi).
Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV, American Psychiatric Association, 1994), i sintomi della depressione sono i seguenti. Una persona depressa, probabilmente si ritroverà in molti di questi sintomi (ma non necessariamente in tutti).

  • Umore depresso: significa che per la maggior parte del tempo si sente giù, triste, vuoto, scoraggiato. Potrebbe piangere molto o non riuscire a piangere. Altro sintomo comune è un senso di irritabilità, questo capita specialmente ai bambini e agli adolescenti depressi.
  • Perdita di interessi: una perdita di interesse e piacere nella vita, così che ora l’individuo si deve costringere a svolgere cose che prima gli piacevano.
  • Cambiamenti nell’appetito: il quadro più tipico è la perdita di appetito. A volte, però, le persone mangiano di più quando sono depresse: usano il cibo come una fonte di conforto o come un modo per riempire il vuoto che avvertono.
  • Disturbi del sonno: dorme molto di meno o molto più di prima.
  • Agitazione o rallentamento psicomotorio: il corpo, la mente, il modo di parlare vanno o troppo veloci o troppo lenti. La persona potrebbe essere agitata, non riuscire a trovare pace, oppure rallentata.
  • Perdita di energia: la persona si sente stanca, esaurita, affaticata. Anche piccoli compiti possono apparire esorbitanti.
  • Sentimenti di mancanza di valore o sensi di colpa: l’autostima è bassa.
  • Difficoltà nel pensare: la capacità di pensare, di concentrarsi, di prendere decisioni può diminuire.
  • Ideazione suicidaria: l’individuo si sente disperato. Può avere idee ricorrenti sul fatto che non vale la pena vivere o che sarebbe meglio se fosse morto.

Tra i disturbi mentali che spesso si accompagnano alla depressione ci sono l’abuso di sostanze, i disturbi d’ansia, i disturbi alimentari, i disturbi di personalità e i disturbi da deficit dell’attenzione.
Le ricerche hanno dimostrato che la terapia cognitiva-comportamentale è anche più efficace delle altre terapie, comprese le terapie farmacologiche. La terapia cognitiva-comportamentale è particolarmente efficace a lungo termine, in quanto fornisce ai pazienti delle strategie che possono poi continuare a essere utilizzate anche dopo la fine della terapia. Una terapia esclusivamente farmacologica, invece, presenta un alto rischio di ricadute dal momento in cui si sospende l’assunzione degli psicofarmaci.

Ipocondria: ansia connessa allo stato di salute

La caratteristica principale tipica dell’ipocondria, o ansia connessa allo stato di salute, è la credenza, basata sull’interpretazione erronea di segni o sintomi fisici, di avere o di stare sviluppando una grave patologia, senza che un’accurata valutazione medica abbia identificato motivi sufficienti per giustificare questi timori. Una simile convinzione di malattia non è di intensità tale da diventare un vero e proprio delirio; il paziente può infatti essere consapevole che i propri timori possono essere esagerati e che potrebbe non aver contratto alcuna malattia (DSM-IV, 1994). L’ipocondria può verificarsi in congiunzione con un disturbo da attacchi di panico; la gravità del disturbo tende a fluttuare giornalmente o mensilmente: fasi acute possono essere intercalate da periodi in cui il livello di disagio è contenuto.

Il disturbo ossessivo - compulsivo

Il disturbo ossessivo - compulsivo è un disturbo d'ansia in cui la mente è invasa da pensieri persistenti e incontrollabili, o in cui la persona è spinta irresistibilmente a ripetere di continuo certi atti; ne conseguono un notevole disagio psicologico e una rilevante interferenza con le attività della vita quotidiana. Il disturbo ossessivo - compulsivo affligge dal 2 al 3% della popolazione americana e più frequentemente le donne che non gli uomini (Karno e Golding, 1991). Per quanto riguarda la popolazione italiana non esistono ancora dati certi e generalizzabili.
Di solito insorge agli inizi dell'età adulta, spesso in seguito a qualche evento stressante, come una gravidanza, il parto, un conflitto familiare o difficoltà sul lavoro (Kringlen, 1970). L'esordio precoce è più comune fra gli uomini ed è associato a compulsioni di controllo, ovvero alla ripetizione di gesti e comportamenti che hanno la funzione di tenere costantemente sotto controllo l'ambiente circostante. L'esordio tardivo è più frequente fra le donne e si associa a compulsioni di pulizia, come ad esempio lavarsi frequentemente le mani, fare molte docce durante la giornata o pulire in continuazione le casa. A volte il disturbo è preceduto da un episodio depressivo, altre volte è il disturbo stesso ad essere seguito da depressione (Rachman e Hodgson, 1980). Il disturbo ossessivo - compulsivo può risultare associato ad altri disturbi d'ansia, in particolare a quello di panico e alle fobie, nonché a vari disturbi di personalità.
Le ossessioni sono pensieri, impulsi, o immagini a carattere invasivo e ripetitivo, che si presentano non voluti alla mente e appaiono irrazionali e incontrollabili all'individuo che li subisce. Se è vero che molti di noi possono avere fugaci esperienze di questo genere, per chi è afflitto da un'ossessione esse possono essere di tale intensità e frequenza da interferire pesantemente con il suo normale funzionamento. Clinicamente, le ossessioni più frequenti riguardano le paure di contaminazione che esprimono qualche impulso sessuale o aggressivo, oppure le paure ipocondriache di disfunzioni fisiche (Jenike, Baer e Minichiello, 1986). Le ossessioni possono presentarsi anche come una forma estrema di dubbio, indecisione e procrastinazione.

Il disturbo da agarofobia

L'agorafobia (dal greco agorà, che significa <<piazza del mercato>>) è un insieme di varie paure che hanno principalmente per oggetto i luoghi pubblici e frequentati, dai quali potrebbe essere difficoltoso allontanarsi o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto nel caso in cui l'individuo venga colpito da un attacco di panico. Semplificando molto le cose, si potrebbe riassumere l'agorafobia come la paura di avere un attacco di panico. Sono presenti la paura di andare per negozi a fare compere, la paura di ritrovarsi in mezzo alla folla e quella di viaggiare. Chi soffre di agorafobia prova spesso un forte disagio nell'allontanarsi da casa, e può anche evitare completamente di farlo. In questi casi si parla di disturbo di panico con agorafobia.

Il disturbo d'ansia generalizzata

La persona affetta da disturbo d'ansia generalizzato è preda di un'ansia persistente, spesso concernente piccole cose. Il carattere distintivo di questo disturbo è una preoccupazione cronica, incontrollabile, per qualsiasi genere di circostanza o attività. Il disturbo è così pervasivo da essersi meritato l'appellativo di <<ansia diffusa>>.
Sono inoltre frequenti sintomi somatici come sudorazione, vampate di rossore, batticuore, nausea, diarrea, sensazione di freddo, mani appiccicose, bocca secca, nodo alla gola, respiro poco profondo, pollachiuria (aumento della frequenza delle urine). Tutte queste manifestazioni somatiche riflettono l'iperattività del sistema nervoso autonomo. Anche la frequenza del polso e la respirazione possono essere elevate. A volte vengono lamentati disturbi alla muscolatura scheletrica: tensione e dolenzia muscolare, soprattutto nella zona della nuca e delle spalle; tic alle palpebre e in altre parti del corpo; tremori; facile affaticabilità e incapacità a rilassarsi.
Coloro che soffrono di questo disturbo sussultano facilmente e sono agitati e irrequieti; in genere sono apprensivi e spesso si tormentano immaginando qualche disgrazia incombente, come la morte. Molto comuni sono anche l'impazienza, l'irritabilità, gli scoppi d'ira, l'insonnia e la distraibilità, dovuti allo stato di continua tensione che la persona vive.
La prevalenza del disturbo d'ansia generalizzato nell'arco di vita è abbastanza elevato, dato che lo si riscontra nel 5% circa della popolazione generale (Wittchen et al., 1994). Esordisce tipicamente durante l'adolescenza, benché molte delle persone che ne soffrono riferiscano di averne sempre sofferto (Barlow et al., 1986). Gli eventi di vita stressanti (vedi stress) sembrano avere qualche ruolo nella sua insorgenza (Blazer, Hughes e George, 1987) e la sua frequenza è due volte maggiore fra le donne che fra gli uomini. Inoltre presenta un alto grado di comorbilità con altri disturbi d'ansia o con disturbi dell'umore (Brown, Barlow e Liebowitz, 1994).

Il disturbo da attacco di panico

Nel disturbo di panico vi è un attacco improvviso, e spesso inspiegabile, caratterizzato da un numero elevato di sintomi: dispnea (difficoltà di respiro, senso di affanno), palpitazioni, nausea, dolore al petto,sensazioni di soffocamento e asfissia, nausea,capogiri, sudorazione e tremori, intensa apprensione, terrore e sensazione di disastro incombente. Inoltre la persona può essere assalita e sopraffatta da un senso di depersonalizzazione e di derealizzazione. La depersonalizzazione consiste nel percepirsi come distaccati da se stessi e dal proprio corpo; la derealizzazione è costituita invece da un senso di irrealtà del mondo. Altri sintomi frequenti sono la paura di perdere il controllo, di diventare pazzo o persino di morire.
Gli attacchi di panico possono verificarsi di frequente, per esempio una volta alla settimana o persino più spesso; in genere durano qualche minuto, raramente si protraggono per ore; a volte risultano associati a situazioni specifiche, per esempio guidare l'auto. Quando sono fortemente associati a fattori scatenanti di tipo situazionale, vengono definiti attacchi di panico causati dalla situazione (o provocati dalla situazione); quando tra l'esposizione allo stimolo e l'attacco esiste sì una relazione, ma meno forte rispetto al caso precedente, si parla di attacchi di panico sensibili alla situazione. Molto spesso tra un attacco di panico e l'altro è presente una forte ansia anticipatoria. Infine, gli attacchi possono verificarsi anche in presenza di stati mentali in apparenza benigni, come durante il rilassamento o il sonno, oppure in situazioni in cui paiono essere del tutto ingiustificati; in questi casi si parla di attacchi di panico inaspettati (non provocati).
Il tasso di prevalenza del disturbo di panico nell'arco della vita è del 2% circa negli uomini e di oltre il 5% nelle donne (Kessler et al., 1984). Il disturbo insorge tipicamente nell'adolescenza e la sua comparsa è associata ad esperienze di vita particolarmente stressanti (Pollard, Pollard e Corn, 1989).
Secondo le direttive del DSM IV tale disturbo d'ansia prevede la presenza oppure l'assenza di agorafobia. Il disturbo di panico è molto frequente fra coloro che soffrono già di un altro disturbo d'ansia, per esempio nel caso in cui sia presente il disturbo d'ansia generalizzato o una fobia (Sanderson et al., 1990); molto comune è anche la coesistenza del disturbo di panico e del disturbo depressivo maggiore (Breier et al., 1986).