Come si fa la domanda per il bonus psicologico

La domanda per ottenere il bonus deve esser presentata all’Inps, loggandosi sul sito www.inps.it tramite Spid, Cie o Cns oppure tramite il contact center dell’istituto.

Se si sceglie la richiesta online, un volta sul sito dell'Inps, occorre andare nella sezione “Prestazioni e servizi”, poi scegliere “Servizi” e cercare la voce “Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche”: per trovarla è sufficiente impostare la ricerca per "ordine alfabetico" selezionando la lettera "P" (è l'ultima delle voci disponibili). Cliccando su questa voce, verrà chiesta la login tramite identità digitale (Spid, Cie o Cns). Una voltra entrati nella propria scheda bisogna cliccare su “Contributo sessioni psicoterapia” per poter presentare la domanda.

In alternativa al web, si può presentare la domanda anche via telefono (tramite contact center): si può telefonare da rete fissa gratuitamente al numero verde 803.164 o da rete mobile al numero 06.164164 (i costi in questo caso variano in base al proprio gestore).

Come si ottiene il bonus psicologico

Quando si presenta la domanda, in base al codice fiscale, viene riconosciuta la regione di residenza e l’Inps comunica al richiedente se sia presente una DSU (dichiarazione sostitutiva unica) ai fini ISEE in corso di validità o se sia necessario presentarla. Infatti, solo con una DSU valida è possibile finalizzare la domanda per il bonus psicologo.

Sulla base delle domande pervenute l’Inps redigerà le graduatorie divise per ogni regione: le domande verranno accolte fino ad esaurimento delle risorse disponibili nel territorio di riferimento. C’è quindi il rischio di andare verso l’ennesimo click day perché se le risorse non fossero sufficienti per tutti l’Inps privilegerà le domande arrivate per prime e chi ha un Isee più basso.

Sarà sempre l’Istituto di previdenza a comunicare ai beneficiari l'accoglimento della domanda e il codice univoco con la cifra assegnata che diventa una sorta di borsellino virtuale cui attingere per pagare le sedute di psicoterapia. Il beneficiario ha 6 mesi di tempo per usare il bonus psicologo, al termine di questo periodo la parte non utilizzata ritorna nel totale delle risorse disponibili e viene riassegnata in base alle graduatorie stilate dall’Inps.

Come si spende il bonus psicologo

Per poter utilizzare il bonus bisogna rivolgersi ai professionisti accreditati presso la piattaforma Inps. Una volta individuato lo psicologo di riferimento il beneficiario deve comunicargli il proprio codice univoco in modo che il professionista, sempre tramite la piattaforma dell’Inps, possa verificare la copertura del costo della propria prestazione (nel limite dei 50 euro) e indicarne l’ammontare inserendo la data della seduta concordata con il paziente. L’Inps comunica al beneficiario i dati della prenotazione, che può essere disdetta in qualunque momento.

Una volta erogata la prestazione, il professionista deve emettere fattura intestata al cliente indicando insieme all’anagrafica di quest’ultimo il codice univoco che lo stesso gli ha comunicato. Tutti questi dati devono esser riportati nella piattaforma dell’Inps, che comunicherà al beneficiario l'importo del bonus utilizzato e la quota residua. Sarà l’Inps a rimborsare il professionista.

Psicologo, psicoterapeuta supporto online

Fare una terapia con Psicologo Online.

La consulenza psicologica e la psicoterapia online sono sempre più diffuse e rivolgersi a professionisti che lavorano cogliendo anche le potenzialità di internet è una scelta di un sempre maggior numero di pazienti.

La popolarità di questa opportunità è molto aumentata nel corso degli ultimi dieci anni. All’inizio l’unica possibilità efficace di interazione online era offerta quasi unicamente da Skype, mentre oggi il numero di piattaforme disponibili si è moltiplicato (Whatsapp, Facetime, etc.), rendendo davvero molto più semplice effettuare consulti e sedute online con uno psicologo. Tuttavia, ancora oggi un discreto numero di persone prova timore o diffidenza verso la consulenza psicologica online e, a dire il vero, anche un certo numero di colleghi fa fatica ad includere l’online tra le modalità disponibili per raggiungere professionalmente un maggior numero di persone.

Uno psicologo online garantisce la massima privacy, comfort (accessibile da casa), e garanzia di continuità / costanza grazie alla facilità di accesso al consulto. Il tutto mantenendo l’efficacia della terapia.


Ma la psicoterapia online è soltanto una moda del momento o può effettivamente funzionare?

I vantaggi della psicoterapia online

In un’era digitalizzata come la nostra, è senz’altro utile e benefico che le tecnologie accorrano in soccorso delle persone che attraversano un disagio e soffrono.


Ad esempio, da diverso tempo si cerca di applicare le tecnologie di interazione a distanza nelle cure mediche – la cosiddetta telemedicina – con risultati eccellenti sia in termini di efficacia che di efficienza, soprattutto nei paesi culturalmente più evoluti e tecnologicamente più avanzati. In questo caso, nessuno o quasi mette in dubbio le opportunità che internet offre nel campo della cura. Allo stesso modo, software o social network come Skype, Whatsapp, Telegram, Facebook Messenger e tutte le applicazioni simili che permettono di chiamare e videochiamare senza costi, in modo semplice e immediato, in qualsiasi parte del mondo, possono effettivamente essere messe a servizio della psicoterapia, senza alcun tipo di rischio e senza che venga meno l’efficacia dell’intervento terapeutico.

TRADIRE: una MOSSA PERICOLOSA per la COPPIA

Per coloro che sentono l’amore come avventura, come per esempio i pazienti fobici, tradire è spesso una piacevole boccata d’aria in una relazione che, diventando troppo stretta, rischia di renderli dipendenti. Può essere anche un emozionante giro di valzer che permette di alleggerire il clima emotivo in un momento di conflittualità con il partner. Sono per esempio frequenti tra queste persone tradimenti alle soglie di un matrimonio o di una convivenza. Le prime volte in cui, in terapia, mi sono imbattuta in racconti di episodi di questo tipo, non riuscivo a capirne il significato. Mi domandavo: erano realmente innamorati del futuro sposo come credevano di ricordare? Oppure quel matrimonio era il frutto delle pressioni di un partner desideroso di stabilizzare la relazione o di una famiglia di origine ansiosa di vederli “accasati”? Niente di più lontano dal vero. Proprio perché sentivano di aver incontrato il compagno della loro vita ne prendevano le distanze attraverso una rinfrescante parentesi. Per queste persone il tradimento è come un viaggio: per quanto affascinate dall’esplorazione, sanno che torneranno a casa; anzi, quando il viaggio si prolunga troppo, non vedono l’ora di tornare dal partner portando nella relazione quel rinnovato entusiasmo e quelle energie che proprio il viaggio ha stimolato. Altri sentono il tradimento come una trasgressione, ed è proprio questo ad attrarli. È quanto accade ai pazienti ossessivo-compulsivi, spesso paralizzati dai dilemmi morali che il tradimento, a volte soltanto vagheggiato, genera. Ritroviamo lo stesso modo di sentire anche in persone, prive di psicopatologie, cresciute, come i pazienti ossessivi, in famiglie dove la dialettica fra bene e male domina la conversazione e la colpa gioca un ruolo rilevante. Di regola l’oggetto del desiderio è proibito: appartiene, per esempio, a un’altra generazione, ha l’età dei loro figli, è una minorenne oppure è sposato e non ha nessuna intenzione di separarsi. Il tradimento mette quindi in discussione i loro valori oppure la loro eterosessualità, come accade quando l’attrazione che li sta sconvolgendo è verso un transessuale o una persona dello stesso sesso. In tutti i casi la trasgressione, oltre a minacciare il rapporto di coppia, rivela aspetti di sé stessi che faticano ad accettare.

Bullismo! Lascia segni indelebili?

Per molti ragazzi vittime di bullismo, gli anni della scuola sono stati un incubo, però da adulti sono riusciti a trovare un equilibrio e un proprio posto nel mondo. Ma davvero ne sono usciti “incolumi”? E se gli anni di angherie e soprusi avessero lasciato “segni” indelebili? È noto da tempo che subire atti di bullismo determina nelle vittime conseguenze nel lungo periodo, tra cui bassa autostima, scarso senso di autoefficacia, difficoltà relazionali, un rischio maggiore di sviluppare ansia e sintomi depressivi. Ma non solo: i ripetuti atti di bullismo subiti potrebbero aver determinato dei veri e propri cambiamenti a livello di struttura cerebrale.

"Mi ritiro" La sindrome degli hikikomori

Il termine “hikikomori”, che dal giapponese si può tradurre con “mi ritiro”, è stato introdotto nel 1998 dallo psichiatra Saito con l’obiettivo di dotare di un’autonomia nosografica un quadro psicopatologico caratterizzato da isolamento volontario e prolungato nella propria abitazione.
I SINTOMI 
Secondo il ministero giapponese della Salute, del Lavoro e delle Politiche sociali il fenomeno interessa gli individui che manifestano i seguenti sintomi:
• ritiro completo dalla società per più di 6 mesi;
• presenza di rifiuto scolastico e/o lavorativo;
• o altre patologie psichiatriche rilevanti al momento di insorgenza della sindrome da hikikomori.
Tra i soggetti con ritiro o perdita di interesse per la scuola o il lavoro sono esclusi i soggetti che continuano a mantenere relazioni sociali. Negli hikikomori l’interesse per attività lavorative o accademiche, ricreative e sociali è estremamente basso, se non totalmente assente. Le relazioni sociali sono spesso limitate alle interazioni con i familiari più stretti (Lavenia, 2012). La reclusione sociale, accompagnata dalla mancanza di responsabilità e di compiti da assolvere, porta spesso a una grave alterazione del ritmo sonnoveglia. La propria abitazione viene lasciata, a seconda dei casi, per brevi irruzioni nei supermercati, per fare veloci provviste di cibo e riviste, spesso nelle ore notturne. Nei casi più gravi, l’hikikomori non lascia la sua stanza né per lavarsi né per nutrirsi. Dal punto di vista psicologico, tale condizione è caratterizzata da una spiccata perdita di speranza in sé stessi e nel mondo, che porta questi soggetti a un progressivo disinvestimento nel proprio presente e futuro. La durata del periodo di isolamento può variare da pochi mesi a diversi anni, a seconda dei casi. Sebbene i sintomi compaiano nella maggior parte dei casi fra la tarda adolescenza e l’inizio dell’età adulta, il fenomeno può interessare anche soggetti più giovani. Viene stimato che la sindrome colpisca oltre 500000 giovani giapponesi (Tajan et al., 2017). Nonostante per diversi anni il fenomeno fosse diffuso e conosciuto solo in Giappone, la ricerca ha evidenziato la presenza di casi clinici anche in altri Paesi asiatici, in alcuni Paesi europei, in Australia, Canada e Stati Uniti.

Relazioni online - DIPENDENZA DA INTERNET

Com’è noto, la dipendenza da internet è riconosciuta oggi come una vera e propria “tossicomania”, per cui si sviluppa dipendenza da qualcosa che non è configurabile con una sostanza chimica. L’internet addiction Disorder (iaD) si presenta come una forma di abuso-dipendenza da internet che determina una sintomatologia osservabile attraverso crisi d’astinenza, impoverimento delle attività sociali, scarsa cura di sé, difficoltà coniugali, economiche e lavorative, aree relazionali deficitarie o significativamente  compromesse. Un ulteriore disturbo legato alle relazioni online è la cosiddetta Cyber-relational addiction (Cra), una dipendenza da relazioni virtuali fondata sulla costruzione di rapporti di amicizia o sentimentali con altri utenti. La necessità di trascorrere la maggior parte del proprio tempo online si fa sempre più rilevante e di conseguenza il soggetto perde l’interesse verso le relazioni che ha nella realtà offline. Così, anziché intervenire e affrontare un’eventuale crisi con il partner, rendendola una sfida evolutiva che possa salvare e trasformare il rapporto di coppia, si preferisce rinunciare a impegnarsi e rivolgersi a una nuova storia virtuale, vista la facilità con la quale nel web si stabiliscono  nuove conoscenze e possibili incontri. La rete, in questo senso, è uno strumento non direttamente responsabile della frattura e/o della fine di una relazione; è il mezzo, ma non la causa della crisi, dal momento che gli strumenti di comunicazione mediatica partecipano della manifestazione delle fragilità coniugali insite nel rapporto dei due partner.

È PIÙ FACILE TENERE IN VITA E NASCOSTE RELAZIONI ADULTERE VIRTUALI RISPETTO A QUELLE REALI, IL CHE RAPPRESENTA UN INEDITO MODO DI TRADIRE


UN LUOGO IN PIÙ


Dall’analisi di recenti studi e ricerche in campo psicosociale, emerge come lo sviluppo delle cyber-relazioni sia un fenomeno complesso in continua evoluzione. Nonostante ciò, alla base del processo relazionale continuano a permanere elementi fondamentali: può mutare la modalità interattiva, ma non potrà mai esserci relazione senza comunicazione. In un futuro già presente, si stabilirà una maggiore continuità tra relazioni virtuali e relazioni tradizionali; incontrarsi e innamorarsi online diverrà solo uno dei possibili scenari della formazione della coppia. Al di là del luogo d’incontro, infatti, la dicotomia “vicino/lontano” è già attualmente da ricondurre a un linguaggio geografico, non più relazionale e sociale (Whitty e Carr, 2008). Non è un caso che, oggi, sentire di avere una relazione con qualcun altro si traduca nel percepirsi connessi con questa persona, anche qualora non la si sia mai incontrata fisicamente.

L'amore ai tempi di internet, una moda d'oltreoceano

NEGLI STATI UNITI IL LIVELLO DI SODDISFAZIONE DELLE COPPIE NATE ONLINE RISULTA SUPERIORE A QUELLO DELLE COPPIE TRADIZIONALI, E MINORE IL TASSO DI DIVORZI

Baker (2002) distingue le relazioni definite “successful”, cioè durature e stabili, da quelle effimere, definite “unsuccessful”. Attraverso l’analisi di questionari, interviste e corrispondenze via e-mail di ciascun partner, l’autrice ha esaminato i dati provenienti da uno studio di 68 coppie che si erano incontrate nel cyber-spazio. L’intento di questo studio è stato di rilevare l’esistenza di elementi che potessero rendere una relazione stabile e duratura dopo l’incontro nel mondo offline. Sono stati quindi individuati 4 fattori rilevanti che sembrano incidere sulle due tipologie di relazione sopra indicate.
Oggetto d’attenzione degli studiosi risultano anche i fattori di rischio insiti nell’uso della rete come luogo di relazioni sociali e amorose. Come può potenziare, così il cyberspazio può pure ostacolare e indebolire, aumentando il pericolo che questi strumenti nel tempo condizionino fortemente la vita offline di una persona. Per esempio, riguardo alla relazione di coppia, uno dei rischi più studiati è l’aumento della probabilità di instaurare relazioni extraconiugali: è per certi versi più facile tenere in vita e nascoste delle relazioni adultere virtuali rispetto a quelle reali, il che rappresenta un inedito modo di tradire. La vita in parallelo sperimentata dal soggetto che porta avanti una relazione in carne e ossa disfunzionale pone in essere anche un ulteriore pericolo: cioè un uso smodato di tale strumento di comunicazione, che potrebbe finire per assorbire l’individuo nella sola realtà a lui concepibile, quella virtuale.

VANTAGGI E RISCHI DELL’INCONTRO ONLINE

Nel parallelo mondo degli incontri in rete, il cosiddetto “online dating” offre la possibilità di incontrarsi e conoscersi nella comunità virtuale in appositi indirizzi dove darsi appuntamento. Un mutamento sociale determinante che ha indirizzato le persone a rivolgersi a questa modalità è dato dall’aumento della pressione lavorativa o degli impegni di studio, che ha ridotto notevolmente il tempo per dedicarsi a nuove conoscenze attraverso i metodi convenzionali. Per esempio, la possibilità di fare nuovi incontri in club sportivi e locali è significativamente diminuita a causa dell’incremento delle ore di lavoro, che spesso trattengono fino a notte inoltrata. L’approccio alle chatline, inoltre, benché spesso sia dettato da mera curiosità e divertimento, può nascondere in realtà un interesse e una motivazione di natura più profonda: il fatto che l’altro sia senza volto può diventare intrigante.
Una dimensione del genere presenta vantaggi e svantaggi rispetto all’incontro di persona.
Ma quante storie nate grazie a internet si trasformano poi in relazioni offline? Un recente studio americano (Cacioppo et al., 2013) afferma che negli Stati Uniti un terzo delle unioni nasce online e, nello specifico, sui siti appositamente dedicati agli incontri di coppia: ebbene, pare che non solo il livello di soddisfazione di queste coppie sia superiore a quello riscontrato nelle coppie tradizionali, ma anche che il tasso di divorzi sia nettamente più basso di chi si è conosciuto e innamorato offline. Come nelle relazioni tradizionali, i primi sentimenti provati possono essere consolidati e confermati, oppure nel tempo si può sperimentare un forte senso di delusione.
Su internet, inoltre, incombe il pericolo di proiettare sull’altro una moltitudine di aspettative probabilmente irrealizzabili; il successivo incontro nella vita reale è dunque indispensabile, e non dev’essere rimandato poiché il rinvio può incrinare definitivamente il rapporto, allargando lo scarto tra fantasia e realtà. I rapporti nati in rete sono altrettanto veri e reali di quelli nati offline, nei quali valgono le regole di sempre: rispetto, fiducia, attenzione e sincerità. Anche per la coppia nata online è frequente attraversare momenti di conflitto o impasse, e molte delle caratteristiche di internet (rapidità, permanenza su una pagina web vs facilità di “fuga”)  rischiano di diventare le principali nemiche proprio della relazione che hanno favorito.

L'AMORE AI TEMPI DI INTERNET - Coppia e vita virtuale

Coppia e vita virtuale.

E' ormai noto che le relazioni familiari, a cominciare da quelle di coppia, negli ultimi decenni hanno subito vere e proprie trasformazioni (Salerno, 2010). nello specifico ambito della formazione della coppia è profondamente cambiato il tipo di contesto nel quale porre in essere i processi di corteggiamento e amoreggiamento tradizionalmente noti. Tutt’altro che freddo, impersonale o asettico, l’incontro online avviene tramite l’uso di pc, smartphone o tablet, che rientrano oggi tra gli oggetti indispensabili per la vita quotidiana di ognuno di noi. Tra dispositivo e soggetto si crea una connessione emotiva, una relazione che va oltre il semplice utilizzo del mezzo tecnologico  senza alcun investimento affettivo. Anche in rete si sperimenta rabbia, si soffre, si provano appagamento, interesse, attrazione; tutto ciò ruota attorno a uno schermo che rappresenta una finestra verso il mondo relazionale e la macchina viene percepita dall’utente come un “secondo sé”.
Ci si trova davanti a quello che è definibile come un passaggio evolutivo nel campo delle relazioni interpersonali, e in quest’ottica anche l’innamoramento via internet è ormai all’ordine del giorno, tant’è che non ci si sorprende più troppo se alla domanda “dove vi siete incontrati?”, i due partner indicano città differenti nelle quali è avvenuto il primo contatto. Le emozioni, positive o negative, sono percepite in egual modo all’interno del mondo online e in quello offline, la differenza consiste nel modo in cui esse vengono espresse, rappresentate e vissute: si può parlare sempre più di internet come di una vera “tecnologia dell‘emozione”.

Di solito l’amoreggiamento è una combinazione di veri e propri segnali e messaggi corporei, in cui i partner comunicano attraverso gesti, sguardi d’intesa, odori, intensità espressiva e timbro della voce. Le ricerche evidenziano altri due fondamentali aspetti della comunicazione non verbale, rappresentati dalla prossemica (distanza mantenuta tra sé e l’altro e che determina diversi livelli di intimità) e dall’uso del tatto (Whitty e Carr, 2008). Pertanto, mentre nell’approccio offline i soggetti della futura coppia si sentono reciprocamente attratti a livello fisico, nel mondo virtuale le fasi iniziali del processo di corteggiamento sono inafferrabili, visto che la sfera corporea è apparentemente negata. È importante valutare come si consolida la relazione di coppia e osservare quali strade alternative presenta l’assenza del non verbale nelle relazioni via internet. Ci si deve però discostare dalla convinzione che in rete vi sia un sé incorporeo, e indirizzare piuttosto l’attenzione sul fatto che un corpo esiste anche in questo contesto, sebbene in maniera qualitativamente differente; un corpo non effettivo ma egualmente rilevante (Whitty e Carr, 2008). Il corpo costituisce infatti un elemento significativo anche nell’attrazione e nell’interazione virtuali: in internet il non verbale viene comunicato attraverso la scrittura (text-talk), che diviene lo strumento per descrivere il proprio aspetto fisico e le sensazioni a esso correlate, anche attraverso l’ampio uso delle emoticon (Festini e Martelli, 2002).

Negli studi sulle relazioni virtuali, lo stesso concetto di intimità è stato ampiamente rivisitato: nelle chat, infatti, i tempi per comunicare e interagire sono molto rapidi e ciò permette di vivere l’intimità con il proprio partner virtuale con molta più facilità e immediatezza rispetto alla vita reale. In tal modo l’ambiente Internet diviene un vero e proprio spazio entro il quale è possibile avviare uno svelamento di sé senza il timore di essere giudicati dall’interlocutore. In chat ogni gioco di seduzione passa prevalentemente per il verbale e risulta molto più simbolico e metaforico (Troiano e Petrone, 2001).

Fonte: psicologia contemporanea.

Il cellulare: un'estensione di sé

Nel giro di pochi anni è comparso un nuovo tipo di fobia: il timore di separarsi dal proprio cellulare (in inglese no mobile phobia). Uno studio sull'impatto che la separazione dal proprio cellulare ha sull'emotività e la fisiologia, pubblicato nel gennaio 2015, è stato condotto su 208 studenti di giornalismo.
Un'équipe di psicologi delle Università della Florida, dell'Oklahoma e dell'Indiana ha misurato la pressione sanguigna e la tensione arteriosa degli studenti mentre stavano scrivendo una lista dei 50 Stati americani. A metà percorso, con una scusa, i ricercatori hanno anunciato agli studenti che dovevano separarsi dal loro cellulare e li hanno invitati a ricominciare il test da zero.
Ogni volta che i partecipanti venivano sconnessi si verificava un aumento significativo dell'ansia, del ritmo cardiaco, del livello della pressione arteriosa e una diminuzione significativa del rendimento al test.
Ecco le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori:
  1. il telefono è diventato "un'estensione di se stessi", al punto che è possibile parlare di un "sé connesso" o "iSelf";
  2. le persone che soffrono di no mobile phobia hanno l'impressione di aver perso una parte di sé, il che "può avere un impatto negativo sulle loro performance mentali".

Empatia o contagio?

Secondo un recente studio tedesco lo stress è contagioso. Alcuni ricercatori dell'Università di Leipzig e di Dresda hanno studiato il comportamento di più di 200 coppie. In ciascuna coppia, uno dei due era posto in una situazione stressante. Doveva, per esempio, mettersi nella pelle di un candidato che sostiene un colloquio di lavoro di fronte a una commissione di esaminatori, mentre il suo partner si limitava ad osservare la scena.
I binomi erano formati sia da coppie di persone legate da una relazione sia da persone che non si conoscevano. L'osservatore poteva vedere la scena attraverso uno specchio ad una via oppure su uno schermo video.
Come si poteva attendere, la reazione del testimone è più intensa quando questi è legato da una relazione con la persona sottoposta a esame. In questo caso il 40% dei testimoni prova lo stesso stress del compagno, mentre solo il 10% prova stress quando non conosce la persona sottoposta ad esame. Per ciò che riguarda il modo di osservazione, l'effetto era più forte quando l'osservatore si trovava dietro allo specchio, tuttavia anche il 24% delle persone che guardavano la scena sullo schermo provavano stress. Che cosa si può concludere da questo studio? Dipende dal livello di ottimismo o di pessimismo. Nel primo caso si è portati a concludere che un numero consistente di persone sono capaci di empatia nei confronti dell'altro, persino quando lo osservano su uno schermo televisivo. I pessimisti si interrogano invece sul contagio dello stress e sui suoi possibili effetti a lungo termine soprattutto in lavoratori come medici, infermieri, poliziotti, vigili del fuoco, ecc. e che dire dei bambini che vivono con genitori stressati, o più semplicemente dei telespettatori assidui dei telegiornai?

Psicofarmaci – Indicazioni

Gli psicoterapeuti cognitivo-comportamentali sono spesso favorevoli all’uso integrato di psicofarmaci e psicoterapia. Per quanto si cerchi di fare a meno delle medicine, ove possibile, in alcuni casi può essere necessario ottenere una parziale riduzione dei sintomi mediante psicofarmaci prima di impostare una psicoterapia efficace; in altri, soprattutto nei casi più gravi, è consigliabile mantenere affiancate le due forme di terapia, quella farmacologica e psicoterapica, dal momento che la ricerca scientifica ha ampiamente dimostrato la migliore efficacia dei due trattamenti associati.
Si farà un breve cenno alle classi di psicofarmaci usate con maggior frequenza. I nomi commerciali riportati sono solo esempi dal momento che esistono molti altri prodotti con efficacia paragonabile. Cliccando su ognuna della classi farmacologiche è possibile avere delle informazioni aggiuntive.


Esistono infine molti psicofarmaci che non abbiamo citato per motivi di semplicità, come non abbiamo considerato farmaci usati in altre branche mediche ma utili in alcuni casi psichiatrici (ad es. ormoni tiroidei o beta bloccanti).

Panoramica sugli Psicofarmaci

Vengono definiti "psicofarmaci" i farmaci usati per curare i disturbi mentali che agiscono sul sistema nervoso.

Allo stesso modo in cui l'aspirina fa abbassare la febbre (il sintomo) senza intervenire sull’infezione (la causa) che sta alla base, gli psicofarmaci agiscono migliorando la sintomatologia senza intervenire su ciò che causa il disturbo mentale. Il fatto che gli psicofarmaci siano essenzialmente sintomatici, non significa che essi siano poco utili; al contrario, spesso migliorano notevolmente le condizioni di vita in cui si trovano le persone che soffrono di un disturbo mentale. Si comprende facilmente quanto, per esempio, sia importante per una persona ansiosa che soffre d'insonnia, riuscire a riposare la notte, sia pure facendo ricorso ad un sonnifero; oppure, per una persona che è notevolmente depressa e non ha nessuna voglia di comunicare con gli altri, riuscire a parlare con uno psicoterapeuta, sia pur facendo prima ricorso ad un antidepressivo.

L’azione sintomatica degli psicofarmaci, dovrebbe spingere le persone a non considerarli come l’unica scelta terapeutica a disposizione quando si è in presenza di un disturbo mentale; in molti casi la psicoterapia può essere veramente d’aiuto ad arrivare al cuore del problema (ciò che determina o peggiora lo stato ansioso o depressivo).

La durata del trattamento ed il tipo di risposta agli psicofarmaci (dal lieve miglioramento alla completa remissione dei sintomi), dipendono da una serie di fattori come: l’età, il sesso, il peso corporeo, la dieta, l’essere o meno fumatore, dalla presenza/assenza di patologie e di altri trattamenti farmacologici.

Esistono quattro grandi gruppi di psicofarmaci:
  • ansiolitici;
  • antidepressivi;
  • antipsicotici;
  • stabilizzanti dell'umore.


Ansiolitici

Appartengono a questo gruppo i farmaci (tranquillanti ed ipnotici) efficaci nel trattamento dei disturbi d’ansia. Questi farmaci, di solito, hanno effetto nel breve termine ma assai meno nel lungo termine; talvolta, come conseguenza del loro uso si può avere un peggioramento della sintomatologia (il cosiddetto effetto rebound) e lo svilupparsi di una certa dipendenza. Anche in considerazione di questi effetti, gli ansiolitici dovrebbero essere prescritti soltanto nei casi di ansia o insonnia grave e comunque per periodi brevi.

I farmaci più usati sono le benzodiazepine (Tavor, Xanax, Valium, Ansiolin, En, Frontal, Lexotan, Prazene, Control, Lorans, ecc.).

Antidepressivi

Appartengono a questo gruppo, i farmaci efficaci nel migliorare l’umore negativo e gli altri sintomi tipici della depressione e perciò detti antidepressivi. Esistono tre sottogruppi di antidepressivi: gli inibitori delle mono-amminossidasi (IMAO), i triciclici e gli inibitori selettivi del recupero della serotonina (ISRS). Questi farmaci sono generalmente efficaci, ma possono indurre effetti collaterali, che però tendono a scomparire nel corso del trattamento. Generalmente, il rischio di effetti collaterali si può ridurre, cominciando il trattamento con dosi basse e incrementandole gradualmente. A differenza degli ansiolitici, gli antidepressivi non creano dipendenza. Gli antidepressivi devono essere assunti con regolarità e, in alcuni casi, è necessario aspettare alcune settimane, prima di ottenere benefici. Inoltre, alcuni farmaci devono essere sospesi gradualmente, per dare modo all'organismo di adattarsi alla nuova condizione.

Gli antidepressivi più usati sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) è sono suddivisi in da molecole principali: Fluoxetina (Prozac, Fluoxerene, Fluoxetina), Fluvoxamina (Maveral, Fevarin, Dumirox), Paroxetina (Sereupin, Seroxat, Eutimil, Daparox), Sertralina (Zoloft, Tatig), Citalopram (Elopram, Seropram) ed Escitalopram (Entact, Cipralex).
Sono tutte caratterizzate da un meccanismo di azione comune, rappresentato dall'inibizione, a livello dei recettori nervosi presinaptici, del riassorbimento della serotonina . In pratica, nell'arco di qualche settimana, aumenta la disponibilità della serotonina, uno dei principali neurotrasmettitori del sistema nervoso umano, negli spazi deputati alla trasmissione nervosa (sinapsi).

Fluoxetina (Prozac, Fluoxerene, Fluoxetina). Molecola dotata di notevole azione disinibente che trova largo impiego nei disturbi depressivi (range terapeutico 20-80 mg.), nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo (40-80 mg.), nella Bulimia (60-80 mg.) e nel Disturbo da Abbuffate (60-80 mg.).
Fluvoxamina (Fevarin, Dumirox, Maveral). Molecola che associa all'azione antidepressiva un effetto ansiolitico. Risulta quindi particolarmente utile nelle forme di depressione ansiosa (300 mg.). Inoltre la fluvoxamina può essere considerata un farmaco di notevole efficacia nella terapia del Disturbo Ossessivo-Compulsivo (250-300 mg.) e nelle depressioni in corso di psicosi, così come nelle manifestazioni di deficit del controllo degli impulsi.
Paroxetina (Sereupin, Seroxat, Eutimil, Daparox). Farmaco antidepressivo recentemente introdotto in commercio in Italia che trova indicazione nei Disturbi di Panico e nelle Distimie. Generalmente ben tollerato, può determinare la comparsa di nausea e di tremori a fini scosse agli arti superiori. Il range terapeutico e' compreso tra 20 e 30 mg.
Sertralina (Zoloft, Tatig). La Sertralina risulta essere estremamente utile, all'incirca nel 70% dei soggetti con Disturbo da Abbuffate e nei pazienti obesi, nel potenziare la sensazione di sazietà e, conseguentemente, nel determinare una notevole riduzione dell'assunzione di cibo, con conseguente perdita di peso. Generalmente ben tollerata, presenta come principale effetto collaterale la nausea, che tende ad attenuarsi dopo i primi giorni di terapia.
Citalopram (Elopram, Seropram). Il Citalopram è la molecola più recente e, a detta di numerosi studi, la più selettiva e, di conseguenza, quella che presenta meno effetti collaterali. Viene largamente impiegato, data la sua elevata tollerabilità, nelle sindromi depressive lievi e nel disturbo di panico a dosaggi compresi fra i 20 e i 40mg.
Escitalopram (Entact, Cipralex). L'Escitalopram è l'evoluzione del Citalopram e, di conseguenza, ancora più selettivo e con meno effetti collaterali, almeno in teoria, secondo quanto dichiarano i produttori. Ha gli stessi impieghi del Citalopram.
Antipsicotici
I farmaci antipsicotici, chiamati anche neurolettici o tranquillanti maggiori, sono usati per il trattamento della schizofrenia, delle fasi maniacali del disturbo bipolare, e di quei disturbi in cui sono presenti sintomi psicotici. Gli antipsicotici sono capaci di migliorare sensibilmente la sintomatologia (allucinazioni e deliri) tipica della schizofrenia, ma provocano anche effetti collaterali, che di regola sono reversibili, cioè terminano con la sospensione del trattamento. Un’eccezione alla regola è rappresentata dalla discinesia tardiva (cioè movimenti involontari dei muscoli della lingua e della bocca), un effetto collaterale che si presenta in seguito a trattamento prolungato con farmaci antipsicotici. Questi farmaci non creano dipendenza. L’uso di alcuni antipsicotici comporta controlli periodici.

Stabilizzanti dell’umore

Appartengono a questo gruppo i farmaci efficaci nel trattamento del disturbo bipolare.Uno dei farmaci più potenti, appartenente a questa categoria, è il litio. Pur essendo un farmaco efficace, il litio presenta un inconveniente non trascurabile: può essere tossico se raggiunge determinati livelli nell’organismo. Per questo motivo è necessario tenere sotto controllo periodicamente (di solito ogni 3-6 mesi) la sua concentrazione nel sangue.