Il cellulare: un'estensione di sé

Nel giro di pochi anni è comparso un nuovo tipo di fobia: il timore di separarsi dal proprio cellulare (in inglese no mobile phobia). Uno studio sull'impatto che la separazione dal proprio cellulare ha sull'emotività e la fisiologia, pubblicato nel gennaio 2015, è stato condotto su 208 studenti di giornalismo.
Un'équipe di psicologi delle Università della Florida, dell'Oklahoma e dell'Indiana ha misurato la pressione sanguigna e la tensione arteriosa degli studenti mentre stavano scrivendo una lista dei 50 Stati americani. A metà percorso, con una scusa, i ricercatori hanno anunciato agli studenti che dovevano separarsi dal loro cellulare e li hanno invitati a ricominciare il test da zero.
Ogni volta che i partecipanti venivano sconnessi si verificava un aumento significativo dell'ansia, del ritmo cardiaco, del livello della pressione arteriosa e una diminuzione significativa del rendimento al test.
Ecco le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori:
  1. il telefono è diventato "un'estensione di se stessi", al punto che è possibile parlare di un "sé connesso" o "iSelf";
  2. le persone che soffrono di no mobile phobia hanno l'impressione di aver perso una parte di sé, il che "può avere un impatto negativo sulle loro performance mentali".

Empatia o contagio?

Secondo un recente studio tedesco lo stress è contagioso. Alcuni ricercatori dell'Università di Leipzig e di Dresda hanno studiato il comportamento di più di 200 coppie. In ciascuna coppia, uno dei due era posto in una situazione stressante. Doveva, per esempio, mettersi nella pelle di un candidato che sostiene un colloquio di lavoro di fronte a una commissione di esaminatori, mentre il suo partner si limitava ad osservare la scena.
I binomi erano formati sia da coppie di persone legate da una relazione sia da persone che non si conoscevano. L'osservatore poteva vedere la scena attraverso uno specchio ad una via oppure su uno schermo video.
Come si poteva attendere, la reazione del testimone è più intensa quando questi è legato da una relazione con la persona sottoposta a esame. In questo caso il 40% dei testimoni prova lo stesso stress del compagno, mentre solo il 10% prova stress quando non conosce la persona sottoposta ad esame. Per ciò che riguarda il modo di osservazione, l'effetto era più forte quando l'osservatore si trovava dietro allo specchio, tuttavia anche il 24% delle persone che guardavano la scena sullo schermo provavano stress. Che cosa si può concludere da questo studio? Dipende dal livello di ottimismo o di pessimismo. Nel primo caso si è portati a concludere che un numero consistente di persone sono capaci di empatia nei confronti dell'altro, persino quando lo osservano su uno schermo televisivo. I pessimisti si interrogano invece sul contagio dello stress e sui suoi possibili effetti a lungo termine soprattutto in lavoratori come medici, infermieri, poliziotti, vigili del fuoco, ecc. e che dire dei bambini che vivono con genitori stressati, o più semplicemente dei telespettatori assidui dei telegiornai?

Psicofarmaci – Indicazioni

Gli psicoterapeuti cognitivo-comportamentali sono spesso favorevoli all’uso integrato di psicofarmaci e psicoterapia. Per quanto si cerchi di fare a meno delle medicine, ove possibile, in alcuni casi può essere necessario ottenere una parziale riduzione dei sintomi mediante psicofarmaci prima di impostare una psicoterapia efficace; in altri, soprattutto nei casi più gravi, è consigliabile mantenere affiancate le due forme di terapia, quella farmacologica e psicoterapica, dal momento che la ricerca scientifica ha ampiamente dimostrato la migliore efficacia dei due trattamenti associati.
Si farà un breve cenno alle classi di psicofarmaci usate con maggior frequenza. I nomi commerciali riportati sono solo esempi dal momento che esistono molti altri prodotti con efficacia paragonabile. Cliccando su ognuna della classi farmacologiche è possibile avere delle informazioni aggiuntive.


Esistono infine molti psicofarmaci che non abbiamo citato per motivi di semplicità, come non abbiamo considerato farmaci usati in altre branche mediche ma utili in alcuni casi psichiatrici (ad es. ormoni tiroidei o beta bloccanti).

Panoramica sugli Psicofarmaci

Vengono definiti "psicofarmaci" i farmaci usati per curare i disturbi mentali che agiscono sul sistema nervoso.

Allo stesso modo in cui l'aspirina fa abbassare la febbre (il sintomo) senza intervenire sull’infezione (la causa) che sta alla base, gli psicofarmaci agiscono migliorando la sintomatologia senza intervenire su ciò che causa il disturbo mentale. Il fatto che gli psicofarmaci siano essenzialmente sintomatici, non significa che essi siano poco utili; al contrario, spesso migliorano notevolmente le condizioni di vita in cui si trovano le persone che soffrono di un disturbo mentale. Si comprende facilmente quanto, per esempio, sia importante per una persona ansiosa che soffre d'insonnia, riuscire a riposare la notte, sia pure facendo ricorso ad un sonnifero; oppure, per una persona che è notevolmente depressa e non ha nessuna voglia di comunicare con gli altri, riuscire a parlare con uno psicoterapeuta, sia pur facendo prima ricorso ad un antidepressivo.

L’azione sintomatica degli psicofarmaci, dovrebbe spingere le persone a non considerarli come l’unica scelta terapeutica a disposizione quando si è in presenza di un disturbo mentale; in molti casi la psicoterapia può essere veramente d’aiuto ad arrivare al cuore del problema (ciò che determina o peggiora lo stato ansioso o depressivo).

La durata del trattamento ed il tipo di risposta agli psicofarmaci (dal lieve miglioramento alla completa remissione dei sintomi), dipendono da una serie di fattori come: l’età, il sesso, il peso corporeo, la dieta, l’essere o meno fumatore, dalla presenza/assenza di patologie e di altri trattamenti farmacologici.

Esistono quattro grandi gruppi di psicofarmaci:
  • ansiolitici;
  • antidepressivi;
  • antipsicotici;
  • stabilizzanti dell'umore.


Ansiolitici

Appartengono a questo gruppo i farmaci (tranquillanti ed ipnotici) efficaci nel trattamento dei disturbi d’ansia. Questi farmaci, di solito, hanno effetto nel breve termine ma assai meno nel lungo termine; talvolta, come conseguenza del loro uso si può avere un peggioramento della sintomatologia (il cosiddetto effetto rebound) e lo svilupparsi di una certa dipendenza. Anche in considerazione di questi effetti, gli ansiolitici dovrebbero essere prescritti soltanto nei casi di ansia o insonnia grave e comunque per periodi brevi.

I farmaci più usati sono le benzodiazepine (Tavor, Xanax, Valium, Ansiolin, En, Frontal, Lexotan, Prazene, Control, Lorans, ecc.).

Antidepressivi

Appartengono a questo gruppo, i farmaci efficaci nel migliorare l’umore negativo e gli altri sintomi tipici della depressione e perciò detti antidepressivi. Esistono tre sottogruppi di antidepressivi: gli inibitori delle mono-amminossidasi (IMAO), i triciclici e gli inibitori selettivi del recupero della serotonina (ISRS). Questi farmaci sono generalmente efficaci, ma possono indurre effetti collaterali, che però tendono a scomparire nel corso del trattamento. Generalmente, il rischio di effetti collaterali si può ridurre, cominciando il trattamento con dosi basse e incrementandole gradualmente. A differenza degli ansiolitici, gli antidepressivi non creano dipendenza. Gli antidepressivi devono essere assunti con regolarità e, in alcuni casi, è necessario aspettare alcune settimane, prima di ottenere benefici. Inoltre, alcuni farmaci devono essere sospesi gradualmente, per dare modo all'organismo di adattarsi alla nuova condizione.

Gli antidepressivi più usati sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) è sono suddivisi in da molecole principali: Fluoxetina (Prozac, Fluoxerene, Fluoxetina), Fluvoxamina (Maveral, Fevarin, Dumirox), Paroxetina (Sereupin, Seroxat, Eutimil, Daparox), Sertralina (Zoloft, Tatig), Citalopram (Elopram, Seropram) ed Escitalopram (Entact, Cipralex).
Sono tutte caratterizzate da un meccanismo di azione comune, rappresentato dall'inibizione, a livello dei recettori nervosi presinaptici, del riassorbimento della serotonina . In pratica, nell'arco di qualche settimana, aumenta la disponibilità della serotonina, uno dei principali neurotrasmettitori del sistema nervoso umano, negli spazi deputati alla trasmissione nervosa (sinapsi).

Fluoxetina (Prozac, Fluoxerene, Fluoxetina). Molecola dotata di notevole azione disinibente che trova largo impiego nei disturbi depressivi (range terapeutico 20-80 mg.), nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo (40-80 mg.), nella Bulimia (60-80 mg.) e nel Disturbo da Abbuffate (60-80 mg.).
Fluvoxamina (Fevarin, Dumirox, Maveral). Molecola che associa all'azione antidepressiva un effetto ansiolitico. Risulta quindi particolarmente utile nelle forme di depressione ansiosa (300 mg.). Inoltre la fluvoxamina può essere considerata un farmaco di notevole efficacia nella terapia del Disturbo Ossessivo-Compulsivo (250-300 mg.) e nelle depressioni in corso di psicosi, così come nelle manifestazioni di deficit del controllo degli impulsi.
Paroxetina (Sereupin, Seroxat, Eutimil, Daparox). Farmaco antidepressivo recentemente introdotto in commercio in Italia che trova indicazione nei Disturbi di Panico e nelle Distimie. Generalmente ben tollerato, può determinare la comparsa di nausea e di tremori a fini scosse agli arti superiori. Il range terapeutico e' compreso tra 20 e 30 mg.
Sertralina (Zoloft, Tatig). La Sertralina risulta essere estremamente utile, all'incirca nel 70% dei soggetti con Disturbo da Abbuffate e nei pazienti obesi, nel potenziare la sensazione di sazietà e, conseguentemente, nel determinare una notevole riduzione dell'assunzione di cibo, con conseguente perdita di peso. Generalmente ben tollerata, presenta come principale effetto collaterale la nausea, che tende ad attenuarsi dopo i primi giorni di terapia.
Citalopram (Elopram, Seropram). Il Citalopram è la molecola più recente e, a detta di numerosi studi, la più selettiva e, di conseguenza, quella che presenta meno effetti collaterali. Viene largamente impiegato, data la sua elevata tollerabilità, nelle sindromi depressive lievi e nel disturbo di panico a dosaggi compresi fra i 20 e i 40mg.
Escitalopram (Entact, Cipralex). L'Escitalopram è l'evoluzione del Citalopram e, di conseguenza, ancora più selettivo e con meno effetti collaterali, almeno in teoria, secondo quanto dichiarano i produttori. Ha gli stessi impieghi del Citalopram.
Antipsicotici
I farmaci antipsicotici, chiamati anche neurolettici o tranquillanti maggiori, sono usati per il trattamento della schizofrenia, delle fasi maniacali del disturbo bipolare, e di quei disturbi in cui sono presenti sintomi psicotici. Gli antipsicotici sono capaci di migliorare sensibilmente la sintomatologia (allucinazioni e deliri) tipica della schizofrenia, ma provocano anche effetti collaterali, che di regola sono reversibili, cioè terminano con la sospensione del trattamento. Un’eccezione alla regola è rappresentata dalla discinesia tardiva (cioè movimenti involontari dei muscoli della lingua e della bocca), un effetto collaterale che si presenta in seguito a trattamento prolungato con farmaci antipsicotici. Questi farmaci non creano dipendenza. L’uso di alcuni antipsicotici comporta controlli periodici.

Stabilizzanti dell’umore

Appartengono a questo gruppo i farmaci efficaci nel trattamento del disturbo bipolare.Uno dei farmaci più potenti, appartenente a questa categoria, è il litio. Pur essendo un farmaco efficace, il litio presenta un inconveniente non trascurabile: può essere tossico se raggiunge determinati livelli nell’organismo. Per questo motivo è necessario tenere sotto controllo periodicamente (di solito ogni 3-6 mesi) la sua concentrazione nel sangue.

SAPER ASCOLTARE!


Più empatici e recettivi: l'ascolto educativo

Saper ascoltare.

Si dice che gli adulti debbano ascoltare i bambini e i ragazzi. Sembra facile ma non lo è. C'è infatti un modo superficiale di ascolto che non è sufficiente e che a volte porta fuori strada.

Gli impedimenti ad un buon ascolto.

Quali sono i motivi che ostacolano un buon ascolto degli adulti nei confronti dei bambini, dei figli o degli alunni? Possono essere di diverso genere: pratici, dipendenti dallo stile di vita, o psicologici, collegati alle caratteristiche individuali, alle attese e alle convinzioni personali. I motivi pratici sono in gran parte collegati ai ritmi di vita degli adulti, agli impegni di lavoro, agli spostamenti, al traffico. Siccome andiamo di fretta, tendiamo a semplificare, a interrompere e a interromperci.

Parliamo a telefono con persone non presenti e abbiamo poco tempo per ascoltare chi abbiamo di fronte. Seguiamo i nostri tempi che sono diversi da quelli dei bambini, i quali, per poter comunicare, hanno bisogno di tempi più rilassati, di sentire che c'è una reale disponibilità all'ascolto. Tant'è che a volte, quando sentono che questa disponibilità non c'è, che l'adulto ha sempre la mente altrove, smettono di chiedere e a volte anche di parlare. Molti mutismi dei figli, nell'infanzia come nell'adolescenza, sono dovuti alla sensazione che sia inutile parlare.

Altri fattori che interferiscono con un buon ascolto riguardano le problematiche psicologiche degli adulti, meno evidenti della fretta e della distrazione ma non meno importanti.

Modi in cui si può svalutare la conversazione di un bambino, ma non solo:

  • non rispondendo alle sue domande;
  • banalizzando ciò che dice o prendendolo in giro per errori e inesattezze;
  • distorcendo il significato di ciò che dice;
  • sviando il discorso oppure prendendo alla lettera le sue parole senza "leggere" invece ciò che si nasconde dietro alle parole e senza tener conto del momento e del contesto in cui vengono pronunciate;
  • interrompendolo di frequente;
  • rispondendo al posto suo senza lasciargli il tempo di farlo (il messaggio implicito è "non sai", "non sei capace", "potresti dire una sciocchezza").

Riferimenti bibliografici: Oliverio Ferraris A. (psicologa e psicoterapeuta, autrice di numerosi saggi), letture varie.