DSA e Difficoltà di Apprendimento: oltre la legge 170/2010

Con l'entrata in vigore della legge 170 dell'8 ottobre 2010 diventa impossibile ignorare l'esistenza dei Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA). Uno dei meriti che vengono attribuiti a questa legge è proprio l'aver dichiarato ufficialmente che i DSA esistono. Un grosso limite della legge è rappresentato dal fatto che pare liquidare la questione DSA con l'utilizzo di strumenti compensativi e dispensativi in ambito scolastico, senza affrontare la delicata questione del trattamento e della gestione quotidiana delle problematiche che tali disturbi portano con sé. Per quanto riguarda i DSA la diagnosi consiste sia nell'esame dei fattori di inclusione e di esclusione per capire se si tratta effettivamente di un disturbo specifico dell'apprendimento, sia nell'esito stesso di tale esame, e quindi indica di quale DSA si tratta (disturbo specifico della lettura, disturbo specifico della componente ortografica e/o grafica della scrittura, disturbo specifico del calcolo). Il processo diagnostico non è affatto semplice e occorre che il clinico sia preparato adeguatamente sull'argomento: si evidenzia da una parte la necessità di una diagnosi nosografica e dall'altra di una diagnosi funzionale, che spieghi il funzionamento del disturbo in quello specifico soggetto. Ne consegue che c'è molta differenza, ad esempio, tra un semplice disturbo specifico della lettura (dislessia) e lo stesso disturbo in comorbidità (cioè in compresenza) con aspetti di disattenzione e iperattività che rimandano a un quadro di ADHD (Disturbo da deficit di attenzione con o senza iperattività). E quand'anche fosse lo stesso tipo di disturbo, la sua manifestazione può variare a seconda del contesto in cui l'alunno si trova o delle sue condizioni psicologiche e caratteristiche personologiche. I disturbi specifici dell'apprendimento hanno carattere evolutivo, cioè la loro manifestazione cambia nel tempo e accompagna il generale sviluppo del bambino. Questo significa che se l'alunno utilizza troppe facilitazioni c'è il rischio di non stimolare abbastanza le sue capacità in crescita, mentre, se non viene aiutato adeguatamente, rischia di impiegare tutte le sue energie per stare al passo con il resto della classe, faticando molto più dei compagni e probabilmente perdendo nel tempo la sua motivazione a studiare (Cornoldi e Zaccaria, 2011). E' importante trovare un giusto equilibrio, esaminando la situazione di ogni singolo alunno e le caratteristiche del suo disturbo. Occorre sottolineare che il disturbo sicuramente si manifesta attraverso difficoltà, ma esistono anche situazioni di difficoltà senza che siano soddisfatti i criteri per definirle disturbo. In sintesi, il disturbo è innato, in quanto caratteristica neurobiologica dell'individuo: non si diventa dislessici (si sta parlando di dislessia evolutiva), lo si è fin dalla nascita, anche se gli effetti si vedono solo con l'ingresso nella scuola. Il disturbo è resistente al trattamento, cioè le prestazioni migliorano con un adeguato intervento, ma non si normalizzano. La resistenza è dovuta alla difficoltà di rendere automatici certi meccanismi, per cui, quando il dislessico legge, è un pò come se leggesse per la prima volta, facendo molta fatica a memorizzare la forma scritta delle parole. In alcuni casi la velocità e la correttezza nella lettura rientrano nella norma, ma l'energia necessaria all'alunno per tale compito lo rende molto faticoso e a volte può compromettere la comprensione. Al contrario, la semplice difficoltà può comparire in momenti diversi della crescita e può essere dovuta a cause diverse.
Inoltre ci sono molti bambini con ritmi di apprendimento diversi rispetto alla classe e che necessitano soltanto di un intervallo di tempo più ampio o di una modalità didattica diversa per apprendere certi concetti. Distinguere tra disturbi e difficoltà diventa perciò fondamentale per impostare il lavoro didattico a scuola, ma anche per seguire i compiti a casa. I trattamenti utilizzano strumenti diversi a seconda dell'età e delle specifiche difficoltà del soggetto e devono integrarsi con gli strumenti compensativi e dispensativi previsti a scuola e nel lavoro a casa. Il trattamento deve essere condiviso dalle famiglie, che devono capire l'importanza (e farla capire è compito del clinico) e collaborare affinché si ottengano i migliori risultati possibili. Questo richiede un enorme sforzo da parte della famiglia, sia dal punto di vista economico, poiché sono rare le realtà in cui tali trattamenti vengono erogati gratuitamente dal servizio sanitario nazionale, sia dal punto di vista organizzativo, perché gli incontri si inseriscono nella vita pomeridiana spesso frenetica dei bambini, divisi tra impegni di vario genere. La diagnosi di DSA è il punto di partenza, l'inizio di un percorso sicuramente faticoso e impegnativo, ma che può dare grandi soddisfazioni sia ai bambini che alle loro famiglie e ai loro insegnanti. Un bambino con diagnosi di DSA, opportunamente trattato e aiutato, è più libero di esprimere le proprie potenzialità e capacità generali, senza che esse debbano venire penalizzate dalle caratteristiche del suo disturbo.       

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